Cosa determina il prezzo di un’opera

Articolo dalla Testata: Salvadanaio del 13 aprile 2011 di OPERA art solutions, ma sempre attuale.   Cosa determina il prezzo di un’opera Cosa determina il valore di un’opera d’arte? È una domanda fondamentale per chi deve fare un acquisto (o anche una vendita). In questa sede, non affrontiamo tematiche filosofiche relative al valore della cultura, compresa quella artistica, addentrandoci in un dibattito rimasto, a tutt’oggi, senza risposte certe. Con il taglio pratico che contraddistingue Salvadanaio, illustriamo piuttosto gli elementi che contribuiscono a stabilire il prezzo di uno specifico quadro. Ci soffermiamo sull’arte moderna (all’incirca dall’inizio del secolo scorso agli anni Ottanta) e su quella contemporanea (realizzata nell’ultimo trentennio e caratterizzata da grande attenzione alla ricerca), i due periodi più rappresentati nel mercato e più richiesti dai collezionisti, soprattutto da quelli che si stanno affacciando sul mercato. Il primo elemento è ovviamente la “firma”, l’autore. Quando si parla di prezzi, nel moderno e nel contemporaneo si fa subito riferimento, più che alla bellezza dell’opera, sul suo realizzatore. Un po’ come avviene per la moda, ma anche per l’auto, la prima idea di prezzo deriva dalla griffe: a parità di tipo d’indumento o di accessorio, uno “Chanel” costa più di un “Benetton”, così come a parità di modello, una “Mercedes” ha un listino più elevato di una “Volkswagen” che a sua volta è più cara di una “Kia”. Nell’arte moderna italiana, un “Giorgio De Chirico” vale, ad esempio più di un “Mario Sironi”, a sua volta più quotato di un “Salvatore Fiume”, per citare tre fa i nomi più noti del nostro Novecento. Un altro parametro, nell’arte moderna, è la tecnica. La più quotata è l’olio, seguito da tecniche miste, o da pastelli o acrilici. L’acquarello di solito vale ancora meno, mentre all’ultimo posto si piazza il disegno. Stiamo parlando di pezzi unici. Un mercato a parte lo hanno i multipli, litografie, serigrafie e così via, che, con poche eccezioni, hanno prezzi ancora più bassi. Vi sono diverse eccezioni a questa regola: Pippo Oriani, uno dei maggiori futuristi della seconda generazione si è dedicato molto all’encausto. Le sue opere realizzate con questa tecnica spesso valgono quanto gli olii. Le eccezioni diventano una regola quando si parla di artisti contemporanei, o anche di moderni, impegnati, ai loro tempi, nella ricerca, i cosiddetti autori d’avanguardia. Per loro l’olio non rappresenta necessariamente la tecnica più pregiata. Stiamo parlando di maestri come Alberto Burri, Piero Manzoni, o Mario Schifano (di quest’ultimo sono particolarmente apprezzati gli smalti). Fondamentale è anche la dimensione. Si ha un bel dire che l’arte non si misura a metri: un olio di formato medio grande (oltre cm. 50×70) di Giorgio De Chirico, a parità di altri parametri (quali il soggetto o l’epoca di esecuzione) vale due o tre volte rispetto a un quadretto di dimensioni più ridotte (diciamo circa cm. 30×40). E un discorso analogo si può fare per Salvatore Fiume e tanti altri. Ma se nel moderno la correlazione prezzo-dimensione ha solo valore indicativo, per diversi autori contemporanei il rapporto è preciso e vincolante, addirittura matematico. Per questi artisti esiste un coefficente che, moltiplicato per la somma, in metri, tra base e altezza, del quadro, ne determina la quotazione. Ad esempio, se il coefficente è pari a mille euro, un’opera di cm 50×70 vale 1.200 euro (mille moltiplicato per 120 centimentri, cioé 1,2 metri). L’anno di esecuzione dell’opera è significativo per diversi autori, ma non per tutti. Le opere di Giacomo Balla realizzate prima della fine della guerra 1915-’18, quando il futurismo godeva di un grande slancio creativo, valgono, a parità di altri parametri, molto più di quelle di anni successivi. Mimmo Rotella, famoso per i suoi décollage (volgarmente, manifesti incollati e strappati), raggiunge anche centomila euro per un lavoro degli anni Cinquanta, men tre la sua ultima produzione, quella a cavallo del 2000 può essere acquistata per 10 mila euro o anche meno. Il mercato premia infatti l’idea creativa, non la ripetitività. Rotella, trovato il filone vincente del decollage, si è ripetuto per cinquant’anni. Le sue ultime opere quindi non avevano più nulla da dire. Non si deve però credere che più un’opera è datata, più vale. Quando un artista continua a rinnovarsi, come ha fatto, ad esempio, Mario Schifano, raggiunge il massimo della quotazione durate le fasi di creatività. Possono valere di più, ad esempio, le prime opere di una serie realizzata negli anni Settanta, che le ultime di un’altra eseguita anche dieci anni prima. Anche il soggetto può essere una discriminante. Di De Chirico sono preferiti in linea di massima, i dipinti metafisici rispetto a quelli neoclassici, mentre di Emilio Isgrò l’arte concettuale è apprezzata più delle “mappe”. Infine, anche il curriculum di un’opera può contribuire al suo valore: un quadro che è stato esposto in una mostra importante, o che è pubblicato su un catalogo o su un giornale, aumenta sempre, (tanto o poco che sia), di valore. L’opera di Salvador Aulestia riportata a pagina 58, è apprezzata anche perché era uno dei pezzi più pregiati di una importante personale tenuta dal maestro nel 1980 nella prestigiosa sede milanese di Palazzo Reale. Quelli elencati sono i parametri più importanti per comprendere la quotazione di un dipinto o di una scultura. Ma non dobbiamo dimenticare mai che il presupposto di un acquisto è che il compratore trovi il dipinto o la scultura “bello”, nel senso più esteso del termine. (Milo Goj)

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